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Lgh-A2A. PD:”Un’operazione che porta con sè un’idea chiara di sviluppo!”

Come abbiamo già avuto modo di dire, L’acquisizione di Lgh da parte di A2A porta con sè un’idea di sviluppo, di futuro, di territorio.

Chi parla di svendita, privatizzazione o perdita di controllo, non solo sbaglia, ma non fa i conti con la realtà.

L’operazione messa in campo darà forza e sviluppo agli asset di Lgh, e quindi ai servizi, in termini di investimenti e di qualità, in una prospettiva nella quale queste aziende devono guardare al futuro in modo collaborativo con le comunità locali.

Per quanto riguarda il termovalorizzatore, la notizia è che si spegnerà, come da impegno preso in campagna elettorale. E lo si farà attraverso un piano economico e finanziario serio che potrà aprire a nuovi scenari di smaltimento.

Francamente, non si comprendono le ragioni di ulteriori polemiche su questa questione.
Evidentemente alle opposizioni rimane come unico argomento quello di giocare sulle date.
Se è questo, gli lasciamo il calendario in mano. Se invece vorranno rendersi utili alla comunità partecipando a definire i nuovi scenari che si aprono, nella maggioranza, a partire dal PD, troveranno sempre interlocutori attenti.

Matteo Piloni
Segretario provinciale PD

Roberto Galletti
Segretario cittadino PD

Lgh, PD:”L’aggregazione e il rapporto con il territorio per essere più competitivi”

L’ipotesi di acquisizione di Lgh da parte di A2A può risultare una buona operazione per il futuro dei nostri territori.

Per capirlo bisognerebbe distogliere lo sguardo dalla punte delle proprie scarpe e osservare il quadro nazionale, e non solo, rispetto alla gestione di alcuni servizi.
In questi ultimi anni Lgh ha fatto fatica a rafforzare i propri asset all’interno del mercato, senza contare poi le difficoltà legate ad una normativa in continuo mutamento.

In un momento in cui si ragiona di Aree Vaste, sarebbe a dir poco assurdo non pensare di allargare il futuro della gestione dei servizi ad aggregazioni territoriali più ampie. La stessa Lgh nacque con questa prospettiva. Farlo oggi con A2A significa guardare ad un panorama territoriale lombardo, provando a contribuire alla nascita di un’aggregazione forte che possa competere sul mercato più di quanto abbia fatto fino ad oggi.

Il quadro internazionale, piaccia o non piaccia, ci dice che perché le aziende possano crescere e competere a livello nazionale e globale, sono necessari due fattori in particolare: l’attenzione al territorio e le aggregazioni.

Una prospettiva, quella di Lgh, che nel rapporto con A2A può rilanciare un’azione incisiva dei servizi anche in termini di investimenti, di efficienza e di qualità.
Una prospettiva nella quale le Multiutilities stesse dovranno guardare al futuro in modo collaborativo con le comunità locali e per fare ciò, il sistema relazionale delle Utility, è fondamentale.
Una prospettiva nella quale Cremona stessa può trovare soluzioni ad alcune delle sue difficoltà, così come per gli altri comuni e territori coinvolti.

In questa operazione c’è l’idea che si possa tenere insieme, e rafforzare, territori simili fra loro, stando ben attenti a non indebolire le peculiarità dei singoli territori.

Negli anni di Malvezzi a Cremona (30%), di Martinelli a Rovato (30%), di Cattaneo a Pavia (15%), e cioè di quel centrodestra che ha governato questi territori dal 2009 fino ad un anno e mezzo fa, con la stragrande maggioranza in Lgh, non è stato fatto alcun passo in avanti, indebolendo di fatto la stessa Lgh. Debolezza che oggi è stata recuperata dalla volontà politica di allargare i propri orizzonti.
Al consigliere Malvezzi sarebbe sufficiente ricordare il tentativo della sua amministrazione di centro-destra di aggregare Lgh con Verona, solo per “affinità politiche” e senza alcuna seria prospettiva di sviluppo.

Tutto bene, quindi? Assolutamente no. Le difficoltà e le criticità non mancano, come è normale che sia di fronte alla costruzione di un nuovo rapporto.
Ma oggi, seppur con legittime preoccupazioni e non senza qualche difficoltà, dietro l’operazione Lgh-A2A c’è un’idea di sviluppo, di futuro, di territorio.

Scaricare responsabilità del passato sulle spalle delle amministrazioni di oggi che, da un anno e mezzo, stanno ritessendo relazioni da tempo sfilacciate, è un tentativo maldestro di nascondere l’opportunità che porta con sé questa operazione, seppure con le sue criticità, che però vanno affrontate nel merito, con serietà, prudenza, e all’interno di uno scenario più ampio.

Matteo Piloni
Segretario provinciale PD Cremona

Roberto Galletti
Segretario cittadino PD

Immigrazione. Galletti, PD:”Modello Cremona sia da esempio anche per altri Comuni!”

Colgo l’occasione di questo spazio per portare qualche riflessione sulla questione dell’accoglienza, auspicando che in città e in provincia si apra un dibattito serio dal quale possa scaturire qualcosa di concreto sul piano delle politiche locali e non solo.

L’argomento può essere affrontato con serietà se si parte da alcuni presupposti e da una presa d’atto piuttosto pragmatica. Le migrazioni non si fermano. E’ un dato di fatto, piuttosto “naturale” e normale, che quando le persone sono in difficoltà nel loro contesto, per ragioni diverse (problemi economici, guerre, carestie, disastri climatici, situazioni politiche, insoddisfazione personale ecc.), se ne vadano altrove a cercare una vita migliore, un futuro o anche solo la sopravvivenza.
Del resto, quanti di noi, nel mondo occidentale, riteniamo, o abbiamo ritenuto, di spostarci da casa pensando che, a torto o a ragione, altrove possiamo trovare il modo di migliorare la nostra condizione?
A torto o a ragione: non tutti coloro che partono sono certi di trovare ciò che fa per loro. Analogamente, non è detto che la destinazione sia effettivamente quella prescelta o che quella desiderata sia davvero adeguata alle proprie aspirazioni. Credo che questi comportamenti siano trasversali a tutte le persone, di qualsiasi provenienza.

Chi riceve le persone migranti (in fuga o meno poco importa in questo ragionamento) quale alternativa ha? Nessuna, se non quella di “accogliere” o, quantomeno, di riceverle ed ospitarle. Non si chiede alle popolazioni che “accolgono” di esserne felici. Questa è un’altra retorica. “Accogliere”, quando è imprevisto e non è una scelta, non è semplice e può creare scontento.
Accogliere comporta mettersi in gioco e non sempre si è disposti a farlo. Può non essere piacevole, non è semplice, non tutti sono in grado di mettere in discussione i propri punti di riferimento, le proprie certezze, materiali ed immateriali. L’esito dell’accoglienza dipende anche da chi si ha di fronte che, umano tanto quanto, in aggiunta alle difficoltà specifiche della condizione in cui si trova, può avere limiti e contraddizioni analoghe a quelli di chi accoglie.

Il Comune di Cremona e prima ancora la Prefettura, però, in questo frangente, non stanno chiedendo tutto ciò. Non si sta chiedendo di rivedere la propria identità o di rinunciare al proprio benessere. Non si chiede un atto di fede, seppure ci si aspetterebbe quanto meno un atteggiamento più coerente a quella cristianità a cui il nostro Paese e tanta Europa dicono di appartenere (vedasi i fatti di Crema).
Siamo di fronte a persone naufragate che sono state tratte in salvo da lavoratrici e lavoratori del mare, per dovere, prima ancora che solidarietà. Sono profughi perché in fuga. Sono irregolari perché non possiedono la documentazione richiesta per l’ingresso in Italia. In realtà non sono “clandestini” poiché non sono nascosti. Le loro storie raccontano che hanno investito i loro risparmi in un viaggio lungo, faticoso e disumano, di cui il nostro Paese in realtà non è necessariamente la destinazione finale, ma spesso diventa una gabbia che non dà pace a nessuno.

I fondi per far fronte a queste situazioni non vengono detratti da quelli dedicati ai servizi per la casa, l’assistenza sociale, il lavoro o destinati agli ammortizzatori sociali per disoccupati, inoccupati ecc. Se non esistesse questa emergenza, quei servizi sarebbero comunque tali e quali. Lascio poi ad altre sedi ogni commento al riguardo per evitare digressioni. “Emergenza”, a mio avviso, non è un termine sbagliato. Confermo il presupposto di partenza: le migrazioni sono fenomeni di ordinaria amministrazione, seppure con caratteristiche diverse a seconda delle epoche storiche.

Il nostro Paese dovrebbe prenderne atto e, così come definisce in via ordinaria le politiche economiche, sociali ecc., dovrebbe strutturare e mettere a regime le politiche per l’accoglienza. Tali politiche, come accade in altri ambiti, dovrebbero già prevedere protocolli e interventi ad hoc in casi di urgenza, di emergenza, o in frangenti particolari. Se ad esempio ci fosse una legge-quadro sull’Asilo, alcune situazioni ci coglierebbero meno di sorpresa.

Poiché non esiste un sistema organico e coordinato di politiche per l’accoglienza dei migranti e per l’inclusione socio-economica delle persone immigrate, strettamente ancorato e interconnesso ad altre politiche, ivi inclusa la politica estera e la cooperazione internazionale, i flussi migratori come quello attuale diventano necessariamente emergenza.
Finché non prendiamo atto di essere parte dell’Umanità, dei suoi processi e della sua storia, rimarremo impreparati sia culturalmente che dal punto di vista tecnico-operativo, nonostante i fondi.
Analogamente, finché il Paese non prenderà atto che ormai il baricentro del potere si è spostato oltre i confini nazionali, saremo sempre subalterni a politiche e decisioni che non comprendiamo, non condividiamo e non ci convengono nemmeno. E quelle vite umane che salviamo nel Mediterraneo, perché qui stiamo e altro non possiamo fare, non troveranno pace e non ci daranno pace.

Ecco allora che il fatto che la Città di Cremona sia riuscita ad accogliere in un anno 550 persone, in proporzione meno di una persona ogni 100 residenti (0,77%), in un contesto come quello sopra descritto, senza che ciò abbia davvero, a prescindere dalle sensazioni, impattato sulla quotidianità dei cittadini, è un dato di cui essere orgogliosi e per il quale plaudire l’Amministrazione Comunale, la Giunta e l’Assessora alla partita, le lavoratrici e i lavoratori dei servizi privati e le volontarie e i volontari delle Associazioni coinvolte.
I cittadini residenti, cremonesi o meno, nel frattempo, continuano a lavorare (o a non lavorare), ad andare in vacanza (o a non andarci), a condurre la vita di sempre, fortunata o meno che sia.

Con buona pace della Lega e di Casa Pound, il disagio della popolazione non si placa né con né senza migranti. La Lega e Casa Pound, e i loro rappresentanti nelle Istituzioni, perseverano in un atteggiamento anticostituzionale, pericoloso e, in un certo senso, “controproducente”. Cavalcano quella sensazione di diffidenza (che – per inciso – non credo sia corretto biasimare aprioristicamente) che le tante persone possono provare, la utilizzano per confondere i piani e la realtà, la trasformano in paura e inducono ad un comportamento aggressivo e miope.
Negli anni ne hanno ricavato consenso e voti, di conseguenza ruoli e potere (e denaro). Ma il potere (e il denaro) che hanno avuto negli ultimi anni, a livello europeo, nazionale, regionale, locale non sembra che abbia fermato le migrazioni. In buona sostanza, i contribuenti hanno pagato (e pagano) gli emolumenti ai leghisti per veder risolto il “problema immigrazione” e negli anni il problema è ancora tale. Forse i cittadini cominciano a capirlo e infatti i loro presìdi sono partecipati solo dai militanti più stretti e dai nuovi leghisti del terzo millennio.

Quanto a Picenengo, sarebbe bene tener separate le lamentele dei cittadini sul temporeggiamento dell’Amministrazione nella soluzione di alcune problematiche della zona, dalla diffidenza o dal disappunto sull’accoglienza di 26 persone profughe presso le ex scuole elementari. Se quelle persone non ci fossero, la zona avrebbe ancora le stesse problematiche.
L’ospitalità presso le ex scuole elementari, che nulla ha sottratto ai residenti poiché nessuno le avrebbe utilizzate, ha comportato invece la “ri-attivazione” di uno spazio abbandonato, già – peraltro – adibito tempo prima a centro di seconda accoglienza.

Ha ragione il Sindaco quando sostiene che questa vicenda può tramutarsi in un’opportunità inedita per il quartiere e per la città perché potrebbe dare avvio ad un progetto più ampio di rigenerazione urbana e di inclusione sociale, da restituire alla stessa cittadinanza locale, magari – auspico – unitamente a quegli interventi che sono comunque importanti e rivendicati dagli abitanti.

Io mi auguro che da questa esperienza si possa arrivare a parlare di un “Modello Cremona” e che il coraggio e la tenacia del capoluogo possano essere seguiti e rafforzati da altri Comuni della provincia.

Roberto Galletti
Segretario Cittadino PD Cremona