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Immigrazione. Galletti, PD:”Modello Cremona sia da esempio anche per altri Comuni!”

Colgo l’occasione di questo spazio per portare qualche riflessione sulla questione dell’accoglienza, auspicando che in città e in provincia si apra un dibattito serio dal quale possa scaturire qualcosa di concreto sul piano delle politiche locali e non solo.

L’argomento può essere affrontato con serietà se si parte da alcuni presupposti e da una presa d’atto piuttosto pragmatica. Le migrazioni non si fermano. E’ un dato di fatto, piuttosto “naturale” e normale, che quando le persone sono in difficoltà nel loro contesto, per ragioni diverse (problemi economici, guerre, carestie, disastri climatici, situazioni politiche, insoddisfazione personale ecc.), se ne vadano altrove a cercare una vita migliore, un futuro o anche solo la sopravvivenza.
Del resto, quanti di noi, nel mondo occidentale, riteniamo, o abbiamo ritenuto, di spostarci da casa pensando che, a torto o a ragione, altrove possiamo trovare il modo di migliorare la nostra condizione?
A torto o a ragione: non tutti coloro che partono sono certi di trovare ciò che fa per loro. Analogamente, non è detto che la destinazione sia effettivamente quella prescelta o che quella desiderata sia davvero adeguata alle proprie aspirazioni. Credo che questi comportamenti siano trasversali a tutte le persone, di qualsiasi provenienza.

Chi riceve le persone migranti (in fuga o meno poco importa in questo ragionamento) quale alternativa ha? Nessuna, se non quella di “accogliere” o, quantomeno, di riceverle ed ospitarle. Non si chiede alle popolazioni che “accolgono” di esserne felici. Questa è un’altra retorica. “Accogliere”, quando è imprevisto e non è una scelta, non è semplice e può creare scontento.
Accogliere comporta mettersi in gioco e non sempre si è disposti a farlo. Può non essere piacevole, non è semplice, non tutti sono in grado di mettere in discussione i propri punti di riferimento, le proprie certezze, materiali ed immateriali. L’esito dell’accoglienza dipende anche da chi si ha di fronte che, umano tanto quanto, in aggiunta alle difficoltà specifiche della condizione in cui si trova, può avere limiti e contraddizioni analoghe a quelli di chi accoglie.

Il Comune di Cremona e prima ancora la Prefettura, però, in questo frangente, non stanno chiedendo tutto ciò. Non si sta chiedendo di rivedere la propria identità o di rinunciare al proprio benessere. Non si chiede un atto di fede, seppure ci si aspetterebbe quanto meno un atteggiamento più coerente a quella cristianità a cui il nostro Paese e tanta Europa dicono di appartenere (vedasi i fatti di Crema).
Siamo di fronte a persone naufragate che sono state tratte in salvo da lavoratrici e lavoratori del mare, per dovere, prima ancora che solidarietà. Sono profughi perché in fuga. Sono irregolari perché non possiedono la documentazione richiesta per l’ingresso in Italia. In realtà non sono “clandestini” poiché non sono nascosti. Le loro storie raccontano che hanno investito i loro risparmi in un viaggio lungo, faticoso e disumano, di cui il nostro Paese in realtà non è necessariamente la destinazione finale, ma spesso diventa una gabbia che non dà pace a nessuno.

I fondi per far fronte a queste situazioni non vengono detratti da quelli dedicati ai servizi per la casa, l’assistenza sociale, il lavoro o destinati agli ammortizzatori sociali per disoccupati, inoccupati ecc. Se non esistesse questa emergenza, quei servizi sarebbero comunque tali e quali. Lascio poi ad altre sedi ogni commento al riguardo per evitare digressioni. “Emergenza”, a mio avviso, non è un termine sbagliato. Confermo il presupposto di partenza: le migrazioni sono fenomeni di ordinaria amministrazione, seppure con caratteristiche diverse a seconda delle epoche storiche.

Il nostro Paese dovrebbe prenderne atto e, così come definisce in via ordinaria le politiche economiche, sociali ecc., dovrebbe strutturare e mettere a regime le politiche per l’accoglienza. Tali politiche, come accade in altri ambiti, dovrebbero già prevedere protocolli e interventi ad hoc in casi di urgenza, di emergenza, o in frangenti particolari. Se ad esempio ci fosse una legge-quadro sull’Asilo, alcune situazioni ci coglierebbero meno di sorpresa.

Poiché non esiste un sistema organico e coordinato di politiche per l’accoglienza dei migranti e per l’inclusione socio-economica delle persone immigrate, strettamente ancorato e interconnesso ad altre politiche, ivi inclusa la politica estera e la cooperazione internazionale, i flussi migratori come quello attuale diventano necessariamente emergenza.
Finché non prendiamo atto di essere parte dell’Umanità, dei suoi processi e della sua storia, rimarremo impreparati sia culturalmente che dal punto di vista tecnico-operativo, nonostante i fondi.
Analogamente, finché il Paese non prenderà atto che ormai il baricentro del potere si è spostato oltre i confini nazionali, saremo sempre subalterni a politiche e decisioni che non comprendiamo, non condividiamo e non ci convengono nemmeno. E quelle vite umane che salviamo nel Mediterraneo, perché qui stiamo e altro non possiamo fare, non troveranno pace e non ci daranno pace.

Ecco allora che il fatto che la Città di Cremona sia riuscita ad accogliere in un anno 550 persone, in proporzione meno di una persona ogni 100 residenti (0,77%), in un contesto come quello sopra descritto, senza che ciò abbia davvero, a prescindere dalle sensazioni, impattato sulla quotidianità dei cittadini, è un dato di cui essere orgogliosi e per il quale plaudire l’Amministrazione Comunale, la Giunta e l’Assessora alla partita, le lavoratrici e i lavoratori dei servizi privati e le volontarie e i volontari delle Associazioni coinvolte.
I cittadini residenti, cremonesi o meno, nel frattempo, continuano a lavorare (o a non lavorare), ad andare in vacanza (o a non andarci), a condurre la vita di sempre, fortunata o meno che sia.

Con buona pace della Lega e di Casa Pound, il disagio della popolazione non si placa né con né senza migranti. La Lega e Casa Pound, e i loro rappresentanti nelle Istituzioni, perseverano in un atteggiamento anticostituzionale, pericoloso e, in un certo senso, “controproducente”. Cavalcano quella sensazione di diffidenza (che – per inciso – non credo sia corretto biasimare aprioristicamente) che le tante persone possono provare, la utilizzano per confondere i piani e la realtà, la trasformano in paura e inducono ad un comportamento aggressivo e miope.
Negli anni ne hanno ricavato consenso e voti, di conseguenza ruoli e potere (e denaro). Ma il potere (e il denaro) che hanno avuto negli ultimi anni, a livello europeo, nazionale, regionale, locale non sembra che abbia fermato le migrazioni. In buona sostanza, i contribuenti hanno pagato (e pagano) gli emolumenti ai leghisti per veder risolto il “problema immigrazione” e negli anni il problema è ancora tale. Forse i cittadini cominciano a capirlo e infatti i loro presìdi sono partecipati solo dai militanti più stretti e dai nuovi leghisti del terzo millennio.

Quanto a Picenengo, sarebbe bene tener separate le lamentele dei cittadini sul temporeggiamento dell’Amministrazione nella soluzione di alcune problematiche della zona, dalla diffidenza o dal disappunto sull’accoglienza di 26 persone profughe presso le ex scuole elementari. Se quelle persone non ci fossero, la zona avrebbe ancora le stesse problematiche.
L’ospitalità presso le ex scuole elementari, che nulla ha sottratto ai residenti poiché nessuno le avrebbe utilizzate, ha comportato invece la “ri-attivazione” di uno spazio abbandonato, già – peraltro – adibito tempo prima a centro di seconda accoglienza.

Ha ragione il Sindaco quando sostiene che questa vicenda può tramutarsi in un’opportunità inedita per il quartiere e per la città perché potrebbe dare avvio ad un progetto più ampio di rigenerazione urbana e di inclusione sociale, da restituire alla stessa cittadinanza locale, magari – auspico – unitamente a quegli interventi che sono comunque importanti e rivendicati dagli abitanti.

Io mi auguro che da questa esperienza si possa arrivare a parlare di un “Modello Cremona” e che il coraggio e la tenacia del capoluogo possano essere seguiti e rafforzati da altri Comuni della provincia.

Roberto Galletti
Segretario Cittadino PD Cremona