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Il testamento biologico è legge: un atto di civiltà

Il Senato della Repubblica ha approvato definitivamente la legge sul testamento biologico, che ora è a tutti gli effetti legge dello Stato. Si tratta di una norma importante, una legge di civiltà. Ora i cittadini avranno infatti la possibilità di dichiarare quali cure ritengono compatibili e quelle che non desiderano, qualora perdano coscienza e siano alle prese con malattie che non consentono il recupero di una vita vera e dignitosa.

Matteo Piloni, segretario provinciale del Partito Democratico ha espresso, a nome di tutta la federazione di Cremona, grande soddisfazione per l’approvazione definitiva di questa legge tutta: “Dopo la legge sulle Unioni Civili e quella sul Dopo di noi, solo per citarne due, grazie al lavoro del Parlamento di questi anni, l’Italia ha fatto passi in avanti sui diritti, recuperando anni di empasse che ci hanno confinato nelle ultime posizioni rispetto ad altri paesi europei.
Come altre leggi, anche quella sul Testamento biologico è sia un diritto che una responsabilità. E’ una legge che punta a riconoscere e rafforzare la dignità della persona in quella fase della vita che si appresta verso la fine, creando condizioni di inabilità insopportabili e irreversibili. E’ una legge di cui avevamo bisogno, perchè il rispetto e il riconoscimento della dignità è l’essenza di una società più libera e giusta”.

Sabato 2 dicembre incontro sullo Ius Soli a Cremona

Il Partito Democratico di Cremona, insieme alla lista civica “Fare nuova la città” e al gruppo “Sinistra per Cremona”, organizza un incontro pubblico per parlare di Ius Soli. L’appuntamento è sabato 2 dicembre alle ore 10.00 presso la Sala Zanoni, in via del Vecchio Passeggio a Cremona. Saranno presenti, in qualità di relatori, Albert Agallin (Movimento italiani senza cittadinanza), Cinzia Fontana (parlamentare PD), Marina Della Giovanna (consulente legale Caritas) e Gianluca Galimberti (sindaco di Cremona). Moderatore del dibattito Leone Lisè (segreteria provinciale PD).

Giorgio Gori lancia la candidatura a Presidente della Lombardia. Da Cremona una delegazione all’iniziativa di Milano

Sabato 18 novembre Giorgio Gori ha lanciato ufficialmente la propria candidatura a presidente della Regione Lombardia con un’iniziativa pubblica presso l’auditorium La Verdi di Milano. All’evento hanno partecipato 1.200 persone e altri 30.000 hanno seguito la diretta su facebook.

Tra gli interventi hanno espresso il proprio convinto sostegno alla candidatura di Gori, prendendo parola durante l’incontro, Giuseppe Sala (sindaco di Milano), Emilio Del Bono (sindaco di Brescia), Gad Lerner (giornalista televisivo), Piero Bassetti (primo presidente della Regione Lombardia) e Giuliano Pisapia. Da Cremona hanno partecipato all’iniziativa, oltre al sindaco del capoluogo provinciale Gianluca Galimberti, Matteo Piloni (segretario provinciale PD), Cinzia Fontana (deputata PD), Agostino Alloni (consigliere regionale PD), Alessia Manfredini (assessore comunale) e tanti altri sindaci, amministratori locali e militanti del Partito Democratico.

Al via il Reddito d’Inclusione. Cinzia Fontana (PD): “Prima misura strutturale per la lotta alla povertà”

Inclusione sociale, dignità delle persone, presa in carico con un patto tra servizi e famiglie, priorità ai nuclei con minori e fragilità:sono questi gli ingredienti contenuti nel “reddito di inclusione”, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, che prevede un beneficio economico collegato a un progetto personalizzato di uscita dalla povertà. Una vera novità per il nostro paese, perché si comincia finalmente a dare una risposta universale, di sistema, non più parcellizzata e frammentata, alle tante situazioni concrete di povertà nel nostro Paese.

Cinzia Fontana, deputata del Partito Democratico, ha così commentato la misura: “Abbiamo voluto affrontare con questi interventi una delle eredità più pesanti del lungo periodo di crisi alle nostre spalle, una crisi economica, occupazionale e sociale che ha segnato in maniera profonda le condizioni delle famiglie. Se guardiamo infatti i dati Istat confrontando il 2005 con il 2013 (l’anno con l’incidenza più alta della povertà nel nostro Paese), non solo in quell’arco di tempo il numero delle famiglie e degli individui in povertà assoluta è più che raddoppiato, ma si è verificata anche una diversa composizione della platea rispetto al passato, essendo l’area della povertà cresciuta particolarmente in segmenti della popolazione prima ritenuti poco vulnerabili. Nel 2005 si stimavano in Italia 932 mila famiglie in condizione di povertà assoluta (pari al 4% delle famiglie residenti) per un totale di 2 milioni e 381 mila individui (pari al 4,1% dell’intera popolazione). Nel 2013 le famiglie risultavano 2 milioni e 28mila (pari al 7,9% delle famiglie residenti) che coinvolgevano 6 milioni e 20mila individui (pari al 9,9% della popolazione). Gli ultimi dati, risalenti al 2016, hanno fatto registrare un miglioramento grazie ad alcune misure sperimentali messe in campo da questa legislatura. Tuttavia, la situazione rimane ancora difficile e, da qui, la scelta di intervenire con una misura strutturale e legata a progetti personalizzati di presa in carico delle famiglie più fragili. A peggiorare in modo significativo negli anni sono state soprattutto le famiglie di 4 componenti, in particolare delle coppie con due figli. E il dato più allarmante è quello che riguarda i minori: 1 milione e 131mila minori (pari al 10,9%) si trovano in povertà assoluta (erano il 3,9% nel 2005!). Negli ultimi dieci anni l’incidenza del fenomeno è invece rimasta stabile tra gli anziani (era il 4,5% nel 2005 ed è il 4,1% oggi)”.

E’ evidente quindi come, nel sistema nazionale di protezione sociale, erano rimasti fuori finora almeno due grandi tipologie di cittadini: i disoccupati involontari dilungo periodo e le famiglie con figli a carico e con genitori in condizioni di incapienza. Ecco perché sono proprio queste le situazioni cui il reddito di inclusione messo in campo in questa legislatura da Governo, Parlamento e mondo associativo riunito nella “Alleanza contro la Povertà”, entra così in vigore una misura che consente finalmente di riallinearci al resto dei Paesi dell’Unione europea. Il reddito di inclusione può contare su uno stanziamento significativo di risorse: circa 1 miliardo 800 milioni l’anno.

“Queste risorse – prosegue la deputata PD Fontana – dovrebbero essere sufficienti a dare sostegno a circa 500 mila famiglie, corrispondenti a 1 milione e 800 mila persone (un terzo cioè di coloro che l’Istat stima in stato di povertà assoluta). E’ sufficiente? No, certo. Non basta a sradicare il fenomeno, non copre per ora tutti i potenziali destinatari, però si comincia a fare sul serio. E si continuerà a lavorare, a partire dalla prossima legge di bilancio, per implementare le risorse e, di conseguenza, la platea. Ma perché ciò sia possibile, è fondamentale che nel territorio si attivino tutti quei servizi di presa in carico dei soggetti e delle famiglie per aiutarli nel percorso di fuoriuscita dalla povertà, non solo intesa come reddito ma soprattutto come una questione di superamento di un certo tipo di vissuto, che molte volte si concretizza in un degrado esistenziale. Capovolgere la passiva visione assistenzialista troppo spesso radicata nel nostro Paese deve diventare il vero obiettivo, al fine di mettere al centro la dignità della persona e della sua famiglia e la sua stessa assunzione di responsabilità. Insomma, un cambio di paradigma sostanziale”.

Con la pubblicazione nei giorni scorsi del decreto attuativo sono state definite le modalità applicative della norma, che entrerà pienamente in vigore dal 1°gennaio 2018.

Conciliazione tempi di vita e lavoro: al via gli sgravi contributivi

Prende il via la procedura per ottenere gli sgravi contributivi destinati ai datori di lavoro del settore privato per la promozione di misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata. Si tratta di un’agevolazione prevista nel Jobs Act e per la quale sono state destinate risorse pari a circa 55 milioni euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

La decontribuzione riguarda i contratti aziendali, anche in recepimento di contratti territoriali, sottoscritti dal 1° gennaio 2017 al 31 agosto 2018, che contengono interventi di conciliazione per i dipendenti, migliorativi rispetto alle previsioni di legge o del contratto collettivo nazionale di riferimento. Il contratto aziendale deve riguardare un numero di lavoratori pari almeno al 70% della media dei dipendenti occupati dal medesimo datore di lavoro nell’anno precedente la domanda.

Cinzia Fontana, deputata PD, che ha seguito la materia in Parlamento, precisa: “Le tre linee di intervento individuate dal decreto attuativo riguardano il sostegno alla genitorialità, la flessibilità organizzativa e l’erogazione di servizi di welfare aziendale a favore delle lavoratrici e dei lavoratori. I datori di lavoro che intendano usufruire della decontribuzione dovranno effettuare il deposito telematico del contratto aziendale, anche qualora si tratti del recepimento di un contratto territoriale di secondo livello, presso la Direzione territoriale del lavoro competente e, successivamente, inviare un’apposita istanza sul portale INPS”.

Per accedere alle risorse stanziate per l’anno 2017 il deposito del contratto deve avvenire entro il 31 ottobre 2017 e la richiesta all’INPS deve essere inoltrata entro il 15 novembre 2017. Rispetto alle risorse del 2018, il termine per il deposito è fissato al 31 agosto 2018, mentre quello per l’invio dell’istanza all’Inps al 15 settembre 2018.